Ci siamo spostati dal fiume dove abbiamo rinfrescato le gambe, alla radura del bosco che accoglieva le nostre merende da piccoli. Adesso siamo grandi, ai capelli lavati dalle mamme con la camomilla si son sostituiti ciuffi di capelli bianchi che facciam finta di ostentare con soddisfazione, per nascondere a noi stessi la fatica di rincorrere le ricrescite di settimana in settimana.
Nelle gambe ancora la frescura del fiume, i bastoni improvvisati con rami diversamente diritti ci aiutano a pulire il sentiero coperto dal fogliame.
Apro la fila e non lo direbbe nessuno, almeno non lo avrei detto io, mai nella vita. Io che sogno di non essere vista da sempre, io che amo scrivere ma il mio sogno è fare la ghostwriter, io che amo ballare ma lo faccio solo da sola in camera mia, che amo cantare ma tedio solo i miei figli con improbabili duetti, io che devo apparire per forza quando vorrei scivolare in ultima fila sempre. L’amore per il nostro cammino, il cammino che facciamo insieme mi ha portato a stare per il momento in cima alla fila, voi tutte dietro, anche chi avrebbe nelle gambe la velocità per sorpassarmi ma si gingilla con le piante per non superarmi. Io che faccio finta di abbracciare qualche albero solo per riprendere fiato ma l’albero lo sa e non è tanto felice di questo, ma loro mi accettano da sempre così, sin da quando ero bambina e chiacchieravo per giorni con la cipressa piantata in fondo alle scale di casa, dicevano che bisogna parlare alle piante ma lei un giorno si è abbandonata su se stessa e abbiamo dovuto potarla, la nonna sosteneva che gli avevo parlato troppo e conoscendomi ci può stare.
Ho sempre avuto alberi attorno, come tutti del resto, amo tracciare la mia “boscobiografia” perchè adesso che ho meno tempo ricordo spesso e volentieri quanto ci siamo divertiti insieme. Ogni albero con la sua forma ogni forma un gioco diverso da fare, arrampicarsi, dondolarsi, appoggiarsi, nascondersi.
Ricordo le fughe sotto al quercione per darsi i baci con il mio primo amore dell’età degli shampoo colorati, avevo ciuffi rossi sino alle scapole, e in quei capelli ci si annodava baciandosi nelle fughe alla quercia. La quercia era sulla strada e dietro al suo tronco si ergeva un grande tabernacolo, i frati avevano messo cartelli per dire che era un luogo sacro e a me baciarmi li sotto piaceva ancora di più.
Quando la passione mordeva forte si andava “in Gricigliano” sotto al leccio appena fuori la grande curva dalla quale si vede il panorama sul mio paese, accanto al leccio tante querce e un tabernacolo più piccolo, mi son sempre domandata come mai in tutti posti adatti per fare l’amore i frati avessero messo un tabernacolo, a loro modo forse era la loro idea di ‘amore protetto’.
La radura porta ancora i segni dei nostri giochi di bambini nonostante gli anni trascorsi, nessuno ha ferito quel luogo a noi tanto caro, è stato protetto dagli abitanti del bosco, e forse anche le piante di ginepro che costeggiano il viottolo, i massi sono ancora quelli spostati da noi per fare i tavoli e le sedie, tracce di capanne improvvisate e rami di alberi piegati che negli anni hanno seguito la direzione data da noi per farci ombra.
Ci sediamo nello spazio, è ombroso ma il sole filtra in quei meravigliosi riverberi che solo la luce del bosco regala. Chi disegna, chi passeggia, chi si occupa di qualcosa per non farsi assorbire dal tempo dell’attesa. Aspettiamo. I nostri respiri rallentano e un leggero venticello porta via con se fatica e pensieri strutturati.
La mente si svuota quando la natura ti avvolge. Lasciaglielo fare quando accade.
Dal rumore di foglie calpestate i nostri discorsi rallentano, il respiro inizia a fare pause lunghe, siamo bambini in attesa del natale.
La grande nonna, la madre della madre di tutti noi, arriva lentamente dal sentiero opposto a quello da cui siamo arrivati, con la testa china sui suoi passi, è uno spazio che conosce bene ma il vero amante del bosco non si sente mai a casa quando lo attraversa, sa che quel luogo è la casa di animali, insetti, spiriti e fate. Ogni volta deve camminare e muoversi sapendo che ne ha solo il permesso. Non la proprietà.
La luce dorata di questa estate in discesa inizia a lasciare spazio al blu lapislazzulo del cielo che si prepara alla notte. La Luna è tremendamente vicina e si fa spazio fra gli alberi, come se la verticalità dei tronchi servisse a noi per misurarne i passi fra un rituale e un silenzio. Si accendono piccoli fuochi, mentre la nonna parla dei più diversi argomenti saltando di palo in frasca, ascoltando le nostre parole e i nostri silenzi, osservando i nostri occhi attraversare il buio e facendosi guidare dai messaggi che sente di dover lasciare a ognuno di noi.
Noi ci muoviamo lentamente attorno a lei, chi guarda il fuoco, chi sistema le sedute, chi si allontana dolcemente dopo aver ascoltato le sue parole. Una scena in natura che sa di quotidiano, di ritmi già conosciuti e visti.
I nostri occhi si dilatano con l’aumentare dell’oscurità, il fuoco illumina i corpi, lei da sempre preferisce incontrarsi all’imbrunire, per alcuni di noi è una festa, per altri una prova di coraggio ma nessuno sa mancare mai a una chiamata alla radura.
Si alza e poggia la sua schiena al primo dei cinque cipressi che affiancano il viottolo che scende verso il paese. Attorno a lei si fa il silenzio, solo la civetta sfida la nostra presenza e non la smette di cantare, ma è amica del bosco e dei suoi abitanti e finchè canta siamo al sicuro ci dice la grande nonna.
Alza gli occhi verso il cielo e sorride. Le sue parole escono limpide accompagnate dal vento che si alza leggermente come se volesse renderle ancora più eteree, portarle via velocemente intrecciandole alle fronde degli alberi per tenerne memoria attraverso loro.
“Scelgo l’essenziale, ciò che mi nutre e illumina il mio sentiero,
scelgo l’essenziale, scelgo chi mi sta accanto.
Scelgo l’essenziale, scelgo tutto ciò che nutre la mia creatività”.
Chiude gli occhi, ringrazia non so chi per questo messaggio dal cielo e ognuno di noi rimane in silenzio per portare il significato di quel mantra dentro di sè.
Si finisce cantando e spostando la conversazione su argomenti vaghi e quotidiani, per tornare indietro con meno carichi possibili, per lasciare che rimanga l’essenziale di una serata così, ciò che ci unisce e ciò che rende ognuna di noi capace di camminare un pezzettino di strada sino alla prossima serata in radura.
Per ognuna di noi un messaggio allineato con il proprio destino. Per mantenere fede al disegno che siamo venute a compiere in questa vita. Per imparare la lezione karmica propria della nostra evoluzione.
Destino 1. Guerriero – lezione karmica: Accettare i propri errori
Destino 2. Fanciullo – lezione karmica:
Destino 3. Giullare – lezione karmica:
Destino 4. Costruttore – lezione karmica: Affrontare le paure dell’ignoto
Destino 5. Cercatore – lezione karmica: Ritrovare il senso della realtà
Destino 6. Angelo custode – lezione karmica:
Destino 7. Saggio – lezione karmica: Aprirsi alle emozioni
Destino 8. Sovrano – lezione karmica: Ho il potere di gestire la mia vita
Destino 9. Liberatore – lezione karmica:
Destino 11. Genio – lezione karmica (2) : Acquisire indipendenza.
“Scelgo l’essenziale, ciò che mi nutre e illumina il mio sentiero,
scelgo l’essenziale, scelgo chi mi sta accanto.
Scelgo l’essenziale, scelgo tutto ciò che nutre la mia creatività”.
Elena Miniera
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